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“Camminiamo insieme”: l’omelia della Messa Crismale

“Camminiamo insieme”: l’omelia della Messa Crismale che il Vescovo ha presieduto questa mattina nella Cattedrale di San Prisco in Nocera Inferiore   Liturgia della Parola Is 61,1-3a.6a.8b-9 Sal 88(89) Ap 1,5-8 Lc 4,16-21   “Se non mi ascolta più nessuno,…

“Camminiamo insieme”: l’omelia della Messa Crismale che il Vescovo ha presieduto questa mattina nella Cattedrale di San Prisco in Nocera Inferiore

 

Liturgia della Parola

Is 61,1-3a.6a.8b-9

Sal 88(89)

Ap 1,5-8

Lc 4,16-21

 

“Se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora. Se non posso più parlare con nessuno, più nessuno invocare, a Dio posso sempre parlare. Se non c’è più nessuno che possa aiutarmi – dove si tratta di una necessità o di un’attesa che supera l’umana capacità di sperare – Egli può aiutarmi” (Benedetto XVI, Spe salvi, 32).

 

Sorelle e fratelli, Chiesa pellegrina nei solchi della storia,

Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso (Eb 10,23).

 

Forse non è superfluo chiederci in questa solenne celebrazione crismatica: di quale speranza parliamo, e Chi è la nostra speranza?

Noi entriamo, forse anche un po’ distratti e affaticati attraverso il portale della Messa del Crisma, nei giorni oscuri e luminosi del Triduo pasquale, nell’attesa di riascoltare quell’annuncio sconvolgente: Non è qui, è risorto (cfr Mt 8,6). Ed eco della Sequenza Pasquale, da quel mattino con tutta la fede della Chiesa noi ripetiamo: Sì, Cristo mia speranza è risorto!

La speranza, per noi credenti, non è solo la seconda virtù teologale, un pio desiderio, un anelito, la piccola sorella indisciplinata, ma è una Persona, il Cristo, il Figlio di Dio, il Risorto, Vivente e sempre Veniente.

Attraversare la Porta Santa, Porta della Speranza, non è un atto magico, scontato, una passerella turistica, ma vuol dire passare, nel duplice significato di andare oltre e soffrire, attraverso il Mistero di Cristo, fare Pasqua con Lui, attraversando i giorni della passione e della gioia, per trovare pascolo ed essere nutriti dalla ricchezza della pastura pasquale.

Atto singolare, semplice ed unico, se compiuto nella coscienza della fede ecclesiale, capace di dare una svolta, una sterzata alla nostra vita, un cambiamento di mentalità che ci rimette sulla giusta strada quali pellegrini di speranza, riconciliati con il Signore, tra di noi, con il creato e la storia, uomini nuovi, testimoni di Colui che fa nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5).

Questo attraversamento, poste le consuete condizioni interiori, è una pasqua, cioè un passaggio da una vita che si trascina monotona, ripetitiva e senza slanci – senza infamia e senza lode – ad una vita trascinata, sulle orme dei martiri e dei santi, dalla passione per il Signore, il Vangelo, la Chiesa, e in modo particolare per le sue membra sofferenti, che sempre attendono da noi olio e vino per guarire le ferite della vita.

Mentre attraversiamo con fiducia la Porta stretta, che è Cristo, quasi toccando le sue piaghe gloriose, ascoltiamo attentamente l’esortazione accorata che sale dalla Porta stessa: Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! (Mt 7,13-14).

La Porta si attraversa personalmente ed insieme, coniugando sempre persone e comunità, ma ad ognuno è chiesto il gesto concreto di imparare a camminare insieme, segno giubilare di speranza, segno concreto ed eloquente al quale vi esorto nella carità.

Il pellegrinaggio è un camminare insieme, sostenendoci a vicenda, aspettandoci, dandoci la mano, facendo cadere steccati, paure, gelosie, vecchi rancori, ruggini, che rallentano e vanificano ogni sforzo pastorale, appesantendo il nostro pellegrinaggio ecclesiale e rendendoci insignificanti nella Città degli uomini.

Le zone pastorali, le Foranie, le Comunità parrocchiali e religiose, i Gruppi, i Movimenti, le Associazioni, le Persone unte e consacrate a tutti i livelli, pur nella ricchezza della diversità che fa la Chiesa diocesana, camminino insieme, avendo come meta l’unica Porta che è Cristo, senza cercare porte parallele e secondarie, o privilegiate.

Camminiamo insieme, nel rispetto dei ruoli e dei carismi, perché questa è la testimonianza che il mondo attende da noi, Chiesa pellegrina in Nocera Inferiore-Sarno; camminiamo insieme per non disperare, per non scandalizzare i piccoli che si fermano lungo la strada, e per non correre o aver corso invano (Gal 2,2).

Risplenda alla luce della Pasqua, nelle nostre terre ricche ma segnate da tante povertà, la Chiesa bella di Cristo, la Chiesa santa, la Chiesa una e cattolica, la Chiesa apostolica, segno eloquente di unità e armonia, forza nella debolezza, luce, lievito, sale, città posta sul monte.

Ma stamattina, mentre accogliamo tra noi come segno giubilare la presenza anche delle nostre monache di Sant’Anna e Santa Chiara insieme alla Chiesa tutta, voi mi potreste chiedere: dove attingere questa ricchezza, questo stile, questa prospettiva che rende bella la nostra Chiesa? Dove imparare nuovamente ad essere un cuor solo ed un anima sola? (cfr At 4,32).

Dalla grande domenica, Pasqua annuale, quest’anno per una provvidenziale circostanza celebrata nello stesso giorno in Oriente ed Occidente, sperando che diventi segno di riconciliazione ecumenica già prospettato a Nicea, la grazia del Mistero pasquale si dilata in ogni Domenica, Pasqua settimanale, per poi dilagare come fiume in piena nei giorni feriali.

Ma è sempre lo stesso ed unico profumo di Pasqua, che a piene mani attingiamo da quel giorno che ha fatto il Signore, e che oggi è olio fluente che raggiunge, attraverso i segni sacramentali tutte le comunità, e attraverso le nostre povere mani consacra tutto il mondo che, nonostante tutto, sempre anela alla gioia della Pasqua, alla rinascita primaverile e spirituale.

Questo mistero che da 1700 anni noi professiamo ogni domenica nel credo di Nicea (325), con le aggiunte del credo di Costantinopoli (381), è il cuore stesso della nostra fede, senza la quale tutto crolla e tutto è inutile: Ma se Cristo non è risorto vuota è allora la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede (1Cor 15,14).

Non sfugge a nessuno come ogni qualvolta che noi professiamo la nostra fede, nelle solennità e domeniche, l’unico personaggio che viene nominato è Ponzio Pilato.

Sub Ponzio Pilato ci ricorda che la redenzione e l’incarnazione sono un unico mistero, e che la nostra fede non è una favola, ma ha un fondamento storico e il Figlio di Dio è “della stessa sostanza del Padre”.

Ponzio Pilato, nominato alle nostre celebrazioni, viene a certificare, anche senza saperlo, questo grande mistero.

 

Sorelle e fratelli,

il Mistero pasquale, cuore della nostra fede, non è aleatorio ma si fa carne e sangue nel mistero eucaristico, e nella vita dei martiri e dei santi, frammenti eucaristici sparsi sulla tavola del mondo.

Due concreti segni di speranza in questo Giubileo vogliamo cogliere e raccogliere nella vita di due prossimi santi giovani: il Beato Pier Giorgio Frassati e il Beato Carlo Acutis.

Entrambi questi giovani testimoni, pur abitando epoche diverse, possiedono la passione per il Signore, l’attenzione al proprio tempo e alla storia, l’amore per l’Eucarestia e i poveri, la capacità di rimanere, nonostante le sollecitudini contrarie, fedeli al Vangelo e alla Chiesa.

Essi sono segni dei tempi da saper leggere; e segni di speranza da saper imitare; in quella originalità che non ne fa fotocopie, ma uomini delle otto beatitudini, avendo sempre l’eucarestia come autostrada per il cielo.

Sarebbe un mortificare la speranza, e spegnere sul nascere questi segni luminosi, se pensassimo di onorare i santi giovani e giubilari con una processione e una festa in più.

Faremmo l’ennesimo errore di versare il vino nuovo, che è la santità, negli otri vecchi di una certa pastorale che non ha più il passo lungo e profetico dei veri testimoni evangelici; e poiché ogni novità ci spaventa, ci destabilizza, ripetiamo ed insistiamo che il vino vecchio è gradevole (Lc 5,29).

Per non perdere vino ed otri, il vino nuovo richiede otri nuovi, cioè umiltà profetica e fantasia pastorale, per dire la verità della santità ed educare infervorando le nuove generazioni non solo a venerare, ma ad imitare, facendo del pasto eucaristico domenicale il primo e necessario nutrimento per una robusta formazione cristiana-ecclesiale.

La speranza cristiana, prima che ci venga rubata, non solo va organizzata ma va testimoniata con una vita semplice che si fida di Dio sperando in Lui, si affida a Dio e si abbandona con fiducia nelle mani della Provvidenza, che vede già le spighe dove altri vedono solo sterpaglie; e non dimentica di lasciare sempre aperta, tra le tante porte, quella che guarda verso il Cielo, da cui veniamo e verso il quale siamo sempre pellegrini, profughi che ritornano nella loro terra, là dove la speranza non marcisce (1Pt 1,4).

Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento (Eb 12,1-2).

Sarà questa la nostra Pasqua, Amen!

 

+ Giuseppe Giudice, Vescovo

 

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